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"Reporter per un giorno" - Il Vieusseux alla "Milano-Sanremo"


Camilla Scisco, classe 3AC del nostro liceo, ha vissuto la 112° Milano-Sanremo da un punto di vista davvero privilegiato: ha seguito la corsa in sala stampa, accanto a cronisti veri e ha prodotto un suo pezzo pubblicato sul sito della Corsa. QUI il link all'articolo

Tutto questo è  stato possibile grazie al progetto REPORTER PER UN GIORNO promosso da RCS Sport, con il supporto de La Gazzetta dello Sport, rivolto agli studenti delle scuole secondarie di secondo grado delle province toccate dalle Classiche del ciclismo e dal Giro d'Italia.

In seguito al contest provinciale la nostra Camilla è stata "premiata" e, unica tra gli allievi delle scuole della provincia,  ha così potuto trascorrere una giornata accanto a fotografi e cronisti professionisti.

A Camilla il nostro "Brava!"  e l'augurio di "leggerla" ancora.

Qui di seguito il testo con cui Camilla ha vinto il concorso Reporter per un giorno:

E' solo una strada, ma capace di esaltare anche gli animi meno assidui allo sport.

È un sabato di primavera, marzo, il mese delle donne, fioriscono i mandorli e le mimose.

Ma il clima pacato non inganni.

Le pale dell'elicottero ronzano incessanti, le moto staffette sfrecciano, le sirene della polizia urlano e la tensione continua a salire, ma non solo quella: continua a salire la strada, sorniona; sale in una maliziosa provocazione, sinuosa, e sussurra che ci siamo, ci siamo quasi, a Sanremo, da qui inizia la vera corsa: è Capo Berta.

Ecco la colata d'asfalto fumante, fresca di rattoppo, più famosa della Classicissima.

Breve, tortuosa, dura, ma non troppo, come il carattere dei liguri che ci vivono.

È avara anche lei, non lascia scampo, neanche ai corridori più temerari, sperimentatori di arditi scatti ineluttabilmente divorati da un gruppo troppo affamato per i sogni di chi, per un po' di gloria, sceglie di giocarsi qui la sua corsa.

Eppure ci fu un tempo, prima dell'ardita Cipressa e dell'iconico Poggio, in cui era questo il gran momento: il punto in cui tentare il tutto per tutto, affondare i piedi nei pedali e scalare la lenta, imperturbabile, occasione d'oro.

Molto prima dell'inserimento del Poggio nel 1960, all'epoca primi pionieri in sella alle loro pesantissime biciclette con addosso magliette di cotone grondanti, nonché l'epoca del primo a meritare il titolo di Campionissimo, Costante Girardengo.

Allora – come oggi – il Capo Berta si ergeva in tutta la sua fierezza, concedendo solo ai migliori di elevarsi veramente insieme con lui.

L'adrenalina, l'attesa, la fatica ardente che vibrano ancora oggi, spezzano l'armonico accordo che unisce il celeste terso del mare col pittoresco verde bosco della macchia mediterranea con una policromia di auto, luci, divise. La confusione squarcia il protendersi a picco sul mare dei pini marittimi, in un paesaggio così caratteristico da essere difficile da dimenticare.

Il Berta ha dato tanto ad ogni ciclista che lo abbia vissuto e i ciclisti hanno dato tanto a lui, rendendo celebre questo scorcio nel ruvido locus amoenus del paesaggio ligure: una campagna aspra, grezza, dura, ma per questo soddisfacente a fruttare, e alcuni dei suoi frutti migliori sono “immortalati perennemente” (citando la targa) nei busti di bronzo posti all'inizio di Diano Marina.

L'ultimo, inaugurato nell'Agosto dello scorso anno, rappresenta Felice Gimondi, il grande ciclista orobico che proprio ai piedi del fiero Capo Berta, a Diano Marina, ha trovato -e poi sposatola moglie Tiziana, appena dopo la Milano Sanremo.

Ma già anni prima il Berta è stato motivo di avvenimenti determinanti una vita e una carriera.

Nel 1946 Fausto Coppi lo solcò con un vantaggio oggi impensabile, vincendo la corsa; l'anno seguente fu teatro di un brillante attacco che porterà Coppi a un nuovo eclatante trionfo, che altro risultato non avrà se non fomentare la sua dolce-amara rivalità con Gino Bartali.

Un'amicizia acre e sincera, nata da un aiuto del giovane gregario Coppi ad un Bartali in difficoltà al Giro d'Italia del 1940 terminato nell'impensabile trionfo dell'allora subalterno sul campione.

La sfida si consoliderà venendo scolpita nelle celebri parole pronunciate da un telecronista proprio in occasione della vittoria della Milano-Sanremo del 46: “La vita di Fausto Coppi è ora vita da corsa”.

Un rapporto, questo, al contempo incrinato e saldato in contrasti e rivalità: Coppi e Bartali, l'Airone e l'Omino di ferro, il Diavolo e l'Acqua Santa, l'incarnazione della modernità e dell'evoluzione e lo strenuo attaccamento alla ruralità del contadino umile.

Fu una sfida vissuta in un susseguirsi di alternati successi che ebbero il monopolio della scena, quando ancora le strade asfaltate e le biciclette tecniche in carbonio erano un lontano miraggio, ed incastonata perennemente nell'albo d'oro e nelle memorie di qualunque Imperiese DOP che affollasse il confine del Capo Berta, allora.

Non solo allora, in realtà: un pubblico numeroso ha sempre brulicato sul Berta, per partecipare, con la sua foga, all'esplosione del fermento. E' qui che, dopo la lunga fase di studio che sin da Varazze abbozza la gara, la tensione si colora in foga febbrile di primeggiare, o veder primeggiare.

È infatti il pubblico che ha permesso di esaltare con una grinta -allora molto più patriottica e audace- la ben meno globalizzata Classicissima di Primavera, ma non solo. Sono state da lui incalzate le imprese ineguagliabili anche di altri atleti storici come Eddie Merckx negli anni 70-80, sette volte vincitore della Classicissima di Primavera. Ad oggi, quella grinta si esprime ben diversamente: lo testimonia l'episodio di tre anni fa, quando l'irruenza degli spettatori è esplosa con una veemenza folle: cinque giovani hanno invaso la carreggiata con il fumo dei fumogeni, accesi al passaggio della corsa.

Erano i tifosi dei due fratelli Bonifazio, fortemente legati alla salita del Capo Berta, che ha cullato le loro scalate sin dalla gioventù, alla scoperta dello straordinario mondo del ciclismo e per questo a lei estremamente affezionati.

Il Capo Berta è stato, ma ancora è e sempre sarà un tratto iconico nella tesa sfida per la vittoria.

Una breccia nel ritmo serrato della corsa, il primo tratto da cui l'esaltazione comincia a salire.

È un'emozione vivida, che mai potrà essere imprigionata in una fotografia mossa o in un qualche filmato che non sia il ricordo stesso del passaggio dei ciclisti (visto da molti, vissuto da pochi). E si fa fatica a pensare, quando si attraversa questa strada di norma poco considerata ma immersa nel folclore di sgargianti verdi e blu, che si nasconda, proprio lì dietro, la quintessenza della mondiale e celebratissima Milano-Sanremo.

Milano Sanremo

 

 

 

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